25 Maggio 2025 6a Domenica dopo Pasqua Omelia di don Angelo
Essere nella pasta un piccolo lievito
Sesta domenica di Pasqua
25 maggio 2025
omelia di don Angelo
Mi affascina questa delicatezza di Gesù. Che nelle ombre del cenacolo vede volti smarriti di discepoli. Dice loro: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”. Ed è come se misurasse il carico e misurasse le spalle dei discepoli.
Gesù non è un fiume in piena, annegherebbe i germogli: conosce i discepoli e legge nei loro occhi un limite e una fragilità, che chiedono misura. L’acqua, quella chiara, di cui i fiori hanno sete, va data secondo misura. Poi verrà lo Spirito, e pure lo Spirito non sarà un ‘tutto subito’, accompagnerà lo snodarsi a poco a poco dei cammini, lo stile di Gesù: guiderà, farà da guida, alla verità intera. Rimango incantato a questa delicatezza.
Ebbene a delicatezza si aggiunge delicatezza: si aggiunge la delicatezza del Rabbi che ai discepoli non nasconde le difficoltà, le incomprensioni, le ostilità del futuro e lo fa per sostenere, per incoraggiare; lo fa con una immagine che da sola basterebbe a raccontare la sensibilità di Gesù: “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo”.
E ora dai toni del sottovoce e commossi del cenacolo nell’ultima sera passiamo ai toni esagitati e furenti sulla spianata del tempio di Gerusalemme. Perche questo è il contesto delle parole di Paolo nel racconto degli Atti degli apostoli. Paolo trascinato fuori dal tempio, accusato di avervi introdotto dei non circoncisi, sfugge a un tentativo di linciaggio grazie all’irruzione della coorte romana e del suo comandante. Salvato in extremis, ora viene portato a spalle dai soldati a causa della violenza della folla. Giunti alla spianata del tempio, ecco Paolo chiedere di poter parlare al popolo. Gli viene concesso e Paolo, in piedi sui gradini, fa cenno con la mano al popolo. Si fece un grande silenzio.
Noi oggi facciamo silenzio. Sentiamo il racconto ed è come se ancora una volta scoprissimo dove batte il cuore di Paolo: come se tutto conducesse al suo incontro con Gesù, a quella strada verso Damasco, a quella luce che era oltre la possibilità di reggerla, a quella voce che sorprendentemente aveva il timbro dell’incontro e non il marchio di un ripudio, voce che apriva la Via. Poi lui accecato, condotto per mano a Damasco, sarebbe diventato uno della Via – così erano chiamati i primi discepoli – . E ora lui, un tempo accecato per restrizione, poteva dire che la luce dei Padri era dilagata a pienezza negli occhi del Rabbi di Nazaret e di quella luce, di quella Via, lui era stato fatto testimone. Testimone senza discriminazioni, al di là di ogni restrizione, per il mondo intero. Ascoltiamolo, rievoca una visione: “Egli mi disse: «Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni»”. Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: «Togli di mezzo costui; non deve più vivere!»”.
Furono le ultime parole dalla spianata, poi fu l’urlo: aria avvelenata dall’odio e dalla restrizione dei confini. Aria che porta a massacri, a violenza, alla eliminazione del diverso: «Togli di mezzo costui!». E non è forse l’aria che respiriamo nei nostri giorni, l’aria della spianata del tempio? La prepotenza. Ci prende sgomento, smarrimento sembra un’aria vincente: vincente la prepotenza, il delirio della sopraffazione.
A fatica teniamo negli occhi la donna nelle doglie del parto pensandola in vigilia di un essere nuovo, di un nuovo modo di essere. Ci fa sgomenti la sensazione di essere impotenti per piccolezza. Poi ecco arrivare papa Leone, si commuove, sembra dare credito alla delicatezza, all’umile forza del grumo di lievito. Vi lascio con le sue parole nell’omelia del suo inizio mandato, hanno il profumo di quelle del Cenacolo:
“La Chiesa di Roma – dice – presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù”.
E aggiunge: “In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”.
Ecco, essere nella pasta un piccolo lievito.
Letture
LETTURA At 21, 40b – 22, 22
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. Paolo, in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo; si fece un grande silenzio ed egli si rivolse loro ad alta voce in lingua ebraica, dicendo: «Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi». Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”. Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me”. E io dissi: “Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano”. Ma egli mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”». Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: «Togli di mezzo costui; non deve più vivere!».
Commento al filmato:è una testimonianza drammatica quella di Paolo davanti ai giudei, da accanito persecutore dei cristiani, si sta trasformando nello straordinario “Apostolo delle Genti” che conosciamo e i giudei non possono accettarlo; nel filmato che racconta il discorso di Paolo, i Violini, la Viola e il Violoncello dello spettacolare “Allegro assai vivace, ma serioso”dal Quartettoin Fa min “Serioso” di Beethoven, si impegnano in un dialogo serrato a tratti veemente, a tratti dolcissimo, emozionante:
Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me”. E io dissi: “Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano”. Ma egli mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”».
SALMO Sal 66 (67)
Popoli tutti, lodate il Signore, alleluia!
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. R
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. R
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio, il nostro Dio,
e lo temano tutti i confini della terra. R
Commento al filmato:è con una incontenibile esplosione di gioia e di esultanza che l’Oboe e l’Orchestra del meraviglioso “Allegro” del Concerto in Fa Magg. di Vivaldi, cantano il Responsoriale Popoli tutti, lodate il Signore, alleluia! tratto dal Salmo 66/67:
Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra
EPISTOLA Eb 7, 17-26
Lettera agli Ebrei
Fratelli, a Cristo è resa questa testimonianza: «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek». Si ha così l’abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità – la Legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale noi ci avviciniamo a Dio. Inoltre ciò non avvenne senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento; costui al contrario con il giuramento di colui che gli dice: «Il Signore ha giurato e non si pentirà: tu sei sacerdote per sempre». Per questo Gesù è diventato garante di un’alleanza migliore. Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore. Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli.
Commento al filmato:è di una travolgente bellezza questo “Allemanda. Allegro”della Sonata in Si min di Vivaldi – Violino e Violoncello si scatenano in un irruente, gioioso canto di esultanza:
Cristo, sommo sacerdote elevato sopra i cieli.
Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek.
VANGELO Gv 16, 12-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia».
Commento al filmato:nell’emozionante “Tempo introduction: Largo”del Concerto di Franci Poulenc, l’Organo canta con armonie arcane, quasi misteriose, il discorso di addio di Gesù – i discepoli non comprendono, e la tristezza si impadronisce del loro cuore e anche del nostro cuore, ma le ultime esplosive note dell’Organo cantano la promessa della gioia futura:
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia».