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31 Agosto 2025 1a Domenica dopo il martirio Omelia di don Angelo

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31 Agosto 2025 1a Domenica dopo il martirio Omelia di don Angelo

Quando prendere casa non è un modo di dire

Prima domenica dopo il martirio

31 Agosto 2025

omelia di don Angelo

Le letture si muovono tra parole che gridano rovina e parole che raccontano un inizio.

Il profeta è come lanciasse un grido di allarme, quasi invito ad assonnati a svegliarsi. Rileggiamo: “Poiché voi rigettate questa parola e confidate nella vessazione dei deboli e nella perfidia, ponendole a vostro sostegno, ebbene questa colpa diventerà per voi come una breccia che minaccia di crollare, che sporge su un alto muro, il cui crollo avviene in un attimo, improvvisamente, e s’infrange come un vaso di creta, frantumato senza misericordia, così che non si trova tra i suoi frantumi neppure un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o attingere acqua dalla cisterna”.

“Voi rigettate questa parola e confidate nella vessazione dei deboli e nella perfidia”: E come non sentire brividi di paura nelle vene per i nostri giorni? Non è che oggi si stia in modo allucinante persistendo nella vessazione dei deboli e nella perfidia? E grazia, grazie delle grazie, sarebbe, ci rimanesse “un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o attingere acqua dalla cisterna”.

Un coccio di speranza. Alla fine delle parole grido, ecco un pulsare: “Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza”. Ma le parole toccano la terra o solcano immobili i cieli, come nulla accadesse, senza lasciare ombra di traccia sulla terra? La parola, come il seme, ha vocazione di fare nido, nido nella zolla nera della terra.

Ebbene di terra, di terre, parla oggi la pagina di Matteo. E la pagina, se pur siamo al capitolo quarto del vangelo, ha suono e colore e respiro di inizio. E che cosa è suono, che cosa colore, che cosa respiro?

Gesù, in un certo senso, cambia terra, cerca terra. E dà inizio alla sua missione. Da Nazaret a Cafarnao: “Quando il Signore Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali”.

“Da quel momento” come ci fosse un cambio di terra. Certo non possiamo lontanamente supporre che Gesù sia rimasto chiuso come in un guscio a Nazaret per trent’anni; c’è chi suppone abbia frequentato la comunità degli esseni a Qumram e che da ultimo si sia aggregato ai discepoli di Giovanni sulle rive del Giordano.

“Andò ad abitare a Cafarnao”. Abitare. Rincorro suggestioni: ora è Dio che sceglie la terra, è vicino. Dove? In una casa, ha preso casa. Dà inizio in una casa alla sua missione. Prima ancora che con le parole, che il  regno di Dio si fosse fatto vicino lui lo volle dire prendendo casa. Le parole corrono il rischio di rimanere parole o di essere male interpretate. Lui, le anticipa con i fatti, con una scelta; vuol dire che Dio è vicino: prende casa.

La casa non fu un modo di dire. Ma un modo di stare, dimora; non un luogo di predicazione, ma di vita condivisa. Ci è facile immaginare il ritorno di Gesù, per lo più stanco, a sera quando fuori era il buio a tenere il cielo: poteva stendersi, qualcuno aveva preparato la cena. Poi racconti e poi la notte. E a volte ancora non era sbiancato il cielo che non lo trovavano: cercava monti come fossero eremi dell’anima. Dite che sto fantasticando se immagino che quella casa lui la amasse? La luce, le ombre, li brusio delle voci e anche profumi di cibo.

Vi devo confessare che se oggi mi sono come dilungato sulla casa è anche perché non mi si scollano dagli occhi – una desolazione – visioni e visioni di case sgretolate, briciole di umanità, reliquie di Dio che ha scelto di abitare una casa, le mille, milioni di case della terra. Distruggerti la casa è come distruggerti la vita, distruggere il tuo futuro. ”In nome di chi o di che cosa?”: rispondetemi. Gesù ha preso casa, il regno si è fatto vicino: e tu lo mandi in esilio?

Ma ora una parola, ma piccola, vorrei aggiungere sulla scelta che Gesù fece  della città: “Andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare”. Anche il nome della città mette in corsa suggestioni e pensieri. E’ rivelazione.  Sulla riva del lago. Che certo Gesù amava. Ma città lontana dai centri del potere, una zona di confine, luogo di passaggio di carovane, un popolo misto non esclusivamente giudaico; l’opposto dell’imponenza di Gerusalemme e dell’austerità del deserto d’anacoreta del Battista; una città, di sua natura, meticcia, le nostre città. Le nostre città, incroci. E la missione non in luoghi ovattati,  circoli chiusi, ambiti ecclesiastici di un solo colore, convegni preordinati, luogo degli arrivati, il monopolio di in solo pensiero. Luogo degli “ultimi”. Le “periferie”, le chiamava papa Francesco chiedendoci di non stare al balcone, ma di incontrare la terra.

Cafarnao svela dall’in principio lo stile e l’orizzonte della missione di Gesù, il seminatore eccentrico –  fuori testa per i troppo ordinati –  che il seme lo regala ad ogni tipo di terra, non importa se tra rovi e spine o su strade di durezza. In controtendenza con quelli che loro sanno dove cresce il seme. Andò ad abitare a Cafarnao: il calore della casa, la fantasia della gente, per le strade, luogo di privilegio per la missione.

E ora una provocazione, una domanda che lascio a voi – non ho il temo e sono a corto di immaginazione –. Noi siamo soliti – e come non potremmo? – pensare al piccolo chicco  di senape che germoglia nella terra e si fa albero. A volte, senza volerlo, ci accade di dimenticare o quasi la terra, e voi sapete che i frutti prendo sapori e profumi diversi dalla diversità delle terre.

Ecco la domanda che mi ha sfiorato: che colore, che profumo, che fantasie avranno dato a Gesù, ai suoi pensieri, al suo modo di sentire, la casa di Cafarnao, le case accanto, le  strade e poi il lago? Lui dava, ma anche riceveva, come chicco dalla terra. Quali colori, quali profumi, quali fantasie?

Letture

LETTURA Is 30, 8-15b

Lettura del profeta Isaia

Così dice il Signore Dio: «Su, vieni, scrivi questo su una tavoletta davanti a loro, incidilo sopra un documento, perché resti per il futuro in testimonianza perenne. Poiché questo è un popolo ribelle. Sono figli bugiardi, figli che non vogliono ascoltare la legge del Signore. Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” e ai profeti: “Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! Scostatevi dalla retta via, uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d’Israele”». Pertanto dice il Santo d’Israele: «Poiché voi rigettate questa parola e confidate nella vessazione dei deboli e nella perfidia, ponendole a vostro sostegno, ebbene questa colpa diventerà per voi come una breccia che minaccia di crollare, che sporge su un alto muro, il cui crollo avviene in un attimo, improvvisamente, e s’infrange come un vaso di creta, frantumato senza misericordia, così che non si trova tra i suoi frantumi neppure un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o attingere acqua dalla cisterna». Poiché così dice il Signore Dio, il Santo d’Israele: «Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza».

Commento al filmato:nellop spettacolare “Presto” della Sinfonia in Do Magg di Mozart, l’Orchestra, con con toni impetuosi, intona un racconto drammatico della profezia di Isaia che accusa: 

Poiché questo è un popolo ribelle. Sono figli bugiardi, figli che non vogliono ascoltare la legge del Signore. Essi dicono ai veggenti: «Non abbiate visioni» e ai profeti: «Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! Scostatevi dalla retta via, uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d’Israele».

Ma le ultime note dell’Orchestra si aprono solenni sulla esortazione finale del Signore:

«Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza».

SALMO Sal 50 (51)

Convertici a te, Dio nostra salvezza.

Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;

lavami e sarò più bianco della neve.

Distogli lo sguardo dai miei peccati,

cancella tutte le mie colpe. R

Crea in me, o Dio, un cuore puro,

rinnova in me uno spirito saldo.

Non scacciarmi dalla tua presenza

e non privarmi del tuo santo spirito. R

Rendimi la gioia della tua salvezza,

sostienimi con uno spirito generoso.

Insegnerò ai ribelli le tue vie

e i peccatori a te ritorneranno. R

Commento al filmato:lo straordinario Salmo 50 (51) è una appassionata supplica alla Misericordia del Signore che, nel filmato viene riprodotto interamente con splendide immagini e con due stupendi brani dai concerti in Re Magg e in Sol Magg di Mozart, in cui le note del Pianoforte e dell’Orchestra si dipanano in un dialogo  struggente, commovente per cantare:

Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;

lavami e sarò più bianco della neve.

Distogli lo sguardo dai miei peccati,

cancella tutte le mie colpe.

 

EPISTOLA Rm 5, 1-11

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliàti con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Commento al filmato:le armonie arcane, generate in questo Preludio in Mi di Bach, dal Clavicembalo con le sue note struggenti, ardenti, ci raccontano l’insegnamento di san Paolo ai Romani:

Fratelli, giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

VANGELO Mt 4, 12-17

✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Quando il Signore Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Commento al filmato:è di una bellezza senza tempo questo “Mouvement de Menuet “della “Sonatine” di Maurice Ravèl, le note luminose del Pianoforte raccontano con toni di grande pace e serenità l’inizio della missione di Gesù, dopo l’arresto di Giovanni, con la realizzazione della profezia di Isaia:

Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.

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