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1 Ottobre 2023 5a Domenica dopo il Martirio Omelia di don Angelo

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1 Ottobre 2023 5a Domenica dopo il Martirio Omelia di don Angelo

Il suo modo di parlare delle cose terrene

Quinta domenica dopo il martirio

1 ottobre 2023

omelia di don Angelo

Il passo del Deuteronomio che oggi abbiamo letto è tra i più amati e venerati nell’insegnamento dei padri; viene evocato con le sue prime parole,” Shemà Israel”, “Ascolta Israele”; diventa preghiera del risveglio e preghiera quando ci si corica la sera. “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore”.

I precetti chiamati a rimanere ”fissi nel cuore”, ma stupendamente chiamati anche ad andare, uscita a perdita d’occhi, e approdo ovunque: “Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte”. Mi sembra di leggere tra le righe non una pesantezza, ma un entusiasmo.

Pensate, proprio queste parole, trascritte su un minimo di pergamena, hanno fatto per davvero   approdo su stipiti di case di ebrei, custodite in piccoli astucci sul lato destro della porta esterna. Hanno nome “mezuzàh” e  talvolta chi entra e chi esce le tocca con venerazione. A memoria.

Sento le parole del Deuteronomio come un allarme contro la smemoratezza. La smemoratezza  che, a giudizio del libro, si fa strada nei giorni della sazietà: “Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile”.

Dovremmo vigilare quando nell’anima e nella società prende campo un sogno egoistico. Succede allora che l’adorazione del proprio io e dei propri beni abbia la meglio su l’”amerai”; in vista è allora la dipendenza, la schiavitù, la sottomissione. Oggi che le pareti sono terra invasa da messaggi, e la pubblicità ne inonda ogni angolo, ancora più urgente diventa scrivere parole su pareti dell’anima o forse anche su ritagli di foglio. Conosco alcuni che lo fanno, A memoria di parole preziose che aiutano a  resistere alla grande seduzione.

Ebbene oggi alcune parole preziose, assolute, sbucavano dal testo del Deuteronomio, poi riprese da Gesù. Eccole: “Ascolta … Amerai”.

Mi colpisce, questa legatura tra verbi: “ascolta …amerai”. Quasi a suggerire che l’amore per Dio è un amore di ritorno, dopo un ascolto.  Ascolta una storia – l’amore o si fa storia o non è –. Se ascolti la storia di Dio, del suo viaggio appassionato, come non amerai? “Amerai”. Le parole che ti vengono consegnate perdono il timbro del comando. E non hanno, nemmeno lontanamente, il tono didattico di una lezione. E’ racconto: è ciò che succede in amore quando le parole vivono nell’accadere degli occhi.

Vorrei aggiungere un’ultima notazione sulla legatura dei verbi. La vita ce la insegna: cartina al tornasole, prova incontrovertibile, indizio sicuro, della presenza dell’amore – nei confronti di Dio e di quant’altri – è l’ascoltare: se non c’è ascolto, non c’è amore, è solo una finta di amore, è una sceneggiata di parole.

E il pensiero mi porta al brano di Matteo. Sorprendente, come sempre, Gesù nello sfuggire all’agguato delle dispute delle scuole rabbiniche, che di precetti nella Bibbia ne avevano scovati 613, ben 613 mitzvot. E dunque il primo, il più  importante? Le scuole a discutere.

Forse sto fantasticando: alzarono le mani esultando quelli della prima scuola quando al dottore della legge Gesù rispose che il grande comandamento è amare Dio e amarlo con tutte le forze. Ma poi il Maestro, spaesando gli uni e gli altri, aggiunse: “Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.

Da questi due. Volevano disgiungere i comandamenti e lui li sposa. Tutto dipende da questi due e sono inestricabili, non uno senza l’altro. Riconosciamolo, ci siamo persi in passato – e ancora oggi a volte ci perdiamo – in una selva  di comandamenti dove tutti contano allo stesso modo. Esito: una insopportabile pesantezza. Non era quello che rimproverava Gesù a scribi e farisei: “Legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito”?

Qualcuno ci ha insegnato su che cosa ci si debba in assoluto interrogare, che cosa ci fa cristiani e  umani, che cosa fa il respiro dell’anima? Che cosa prima di tutto? “Amerai”. Vorrei che questa parola risuonasse nuda, pulita, senza sbavature: “Amerai”. Perché accende. Ha di suo il suono dell’universalità, della profondità, della totalità, della bellezza. Perche il disamore – dobbiamo ritornare a dirlo – è brutto. Non tutto puoi amare alla stessa intensità, ma il disamore è bruttezza.

Permettete un piccolo cenno alla universalità dell’amore. Paolo De Benedetti ne traeva sfumature dalla parola ‘prossimo’. Diceva: “Tra l’altro ‘prossimo’ significa ‘vicino’ e nel concetto di prossimo vi sono anche gli animali e le piante, tutto il creato. Nella concezione rabbinica troviamo questa frase: «Anche gli alberi pregano e se uno abbatte un albero prima del suo tempo, questo albero getta un grido che va da un capo all’altro del mondo»”.

Perdonate, oggi commentando i brani, alla fin fine ho sostato quasi unicamente sulla legatura ’Dio, umani, terra’, quasi volessi – ma chi sono io? –mettere in guardia dall’inganno di disgiungere cielo e terra, l’immenso e il piccolo, l’eterno e il quotidiano.

E allora vi lascio con una parola luminosa di Simone Weil – me l’ha regalata giorni fa un amico – va ben al di là dei miei deboli pensieri, eccola: “Quello che mi fa capire se uno è passato attraverso il fuoco dell’amore divino non è il suo modo di parlare di Dio, è il suo modo di parlare delle cose terrene”.

Le Letture

LETTURA Dt 6, 4-12

Lettura del libro del Deuteronomio

In quei giorni. Mosè disse: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile».

Commento al filmato: le affascinanti armonie generate dagli Oboe sordini e Salmoè, dal Violino Principale e dalle Viole da Gamba, cantano con toni struggenti l’esortazione di Mosè agli Israeliti: «Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.»nella seconda parte della Lettura, le note possenti, imperiose dell’Organo del Preludio e Fuga di Bach, cantano l’ammonimento di Mosè: «guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile».

SALMO Sal 17 (18)

Amo il Signore e ascolto la sua parola.

Ti amo, Signore, mia forza,

Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore,

mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;

mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. R

Signore, tu dai luce alla mia lampada;

il mio Dio rischiara le mie tenebre.

Con te mi getterò nella mischia,

con il mio Dio scavalcherò le mura. R

Per questo, Signore, ti loderò tra le genti

e canterò inni al tuo nome.

Egli concede al suo re grandi vittorie,

si mostra fedele al suo consacrato,

a Davide e alla sua discendenza per sempre. R

Commento al filmato: le note gioiose, esultanti di questo splendido Allegro dal Concerto in Do min di Vivaldi, cantano con toni appassionati l’Inno di lode tratto dal Salmo 17 (18) – sullo sfondo le straordinarie immagini del “Cristo in Maestà” di Beato Angelico, il “Cristo Re”di Antonello da Messina e del “Cristo – Giudizio Finale” di Giotto:

«Per questo, Signore, ti loderò tra le genti e canterò inni al tuo nome.»

EPISTOLA Gal 5, 1-14

Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tu<<ttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce. Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio! Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».

Commento al filmato: lo straordinario dialogo del Clavicembalo con il Violino in questo “Allegro” della Sonata di Mozart, canta con armonie affascinanti l’insegnamento di san Paolo ai Galati che va alle radici della nostra Fede:

«Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso.»

VANGELO Mt 22, 34-40

✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. I farisei, avendo udito che il Signore Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Commento al filmato: l’Allegro assai della Sonata Pastorale di Beethoven racconta con toni autorevoli, forti, ma appassionati questo grande insegnamento di Gesù ai Farisei che vogliono metterlo alla prova, ma anche a tutti noi che vogliamo seguirlo:

«Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.»

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