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10 Marzo 2024 4a Domenica di Quaresima Omelia di don Angelo

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10 Marzo 2024 4a Domenica di Quaresima Omelia di don Angelo

Luce dei tuoi occhi

Quarta domenica di quaresima

10 marzo 2024

omelia di di don Angelo

Dal racconto del cieco nato – voi mi capite – posso solo raccogliere qualche scintilla dentro un bisbiglio di luci.

Gesù passa e vede, vede il cieco. I discepoli passano e parlano. Discutono, di teoremi teologici: “Chi ha peccato?”  E nelle ipotesi di peccato anche il cieco che è nato così! E che cosa se ne fa il cieco dei loro teoremi? Noi, al suo posto, ci saremmo indispettiti. Ma poi non è forse vero che anche oggi c’è un gran parlare, frastuono di parole, un discutere all’infinito – spesso  aggredendosi – che non porta da nessuna parte? E non è forse vero che spesso oggetto del discutere sono coloro che la vita l’hanno segnata da pesantezze inenarrabili? Buio negli occhi.

E Gesù è come se dicesse ai suoi discepoli: “Fatela finita con queste  vostre disquisizioni. Facciamo qualcosa”. Dice: “Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire”. So che sto semplificando. Come dicesse: “Contano le opere: non parole, ma opere; e subito, finché è giorno”. Ma, notate, “le opere di colui che mi ha inviato”. E lui cosa fa?  Chissà se nella sua mente in quel momento sarà riapparsa una delle opere belle che fece suo Padre nell’in principio, quando da una terra con un impasto di acqua trasse un essere vivente. Avere occhi spenti è un po’ come non vivere e Gesù vuol fare del cieco un essere vivente. A portata di mano ha terra e saliva, ne fa una mescola. Ora immaginiamo con quale  tenerezza la spalma sugli occhi del cieco, una tenerezza infinita. Al cieco non ha ancora detto una parola. Gli parla con le opere, gli parla con le mani. Dopo le parole vuote dei discepoli, il silenzio delle mani. Poi l’invito ad andare alla piscina di Siloe, a lavarsi dal buio degli occhi. Poteva fidarsi: può fidarsi anche di una parola, che ha dell’incredibile, chi ha conosciuto il tepore delle mani. Parlare con le mani fa luce, là dove sono tenebre.

Penso alla strada del ritorno dalla piscina di Siloe, era come se si risvegliassero tutte le cose, da quelle più grandi a quelle più piccine, prendevano colore. Perché la parola di Gesù è parola di risveglio. In un tratto di strada, in un racimolo di silenzio, tutto ciò che, fino a un momento prima ,il cieco aveva conosciuto solo  per tocco di mani, o per udito, o respirando un profumo, era come se avvampasse di colore.

Ma presto conobbe sfumature di colore inquietanti. Si accorse nel tempio come i visi possano cambiare di colore, diventare grigi e duri. Grigi e duri i visi dei suoi inquisitori, che rivendicavano, quasi a cantilena, di sapere: “noi sappiamo”: sapevano tutto, sapevano che quell’uomo, il rabbi di Nazaret, non veniva da Dio, sapevano che era un peccatore, sapevano cha a Mosè aveva parlato Dio, ma non certo a uno che non si sapeva di dove venisse, sapevano anche che lui, il cieco, era nato tutto nel peccato. Parole dure. E lui che finalmente li guardava in faccia, vedeva il buio, il nero, dei loro occhi. Li guardava – erano quelli del “noi sappiamo” – si accorse che non gli facevano più paura. Tenne loro testa. E stette con la saggezza dei semplici davanti a quelli della sinagoga, quasi anticipando le parole che un giorno Gesù avrebbe detto ai suoi discepoli: “Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire”. Disse una cosa che tutti avrebbero dovuto sapere – e usò il plurale di tutti, di tutti coloro che sono fedeli alla verità – disse: “Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. Gli replicarono: “Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?”. E lo cacciarono fuori.

Aria pesante, pensate, per uno che ancora stava provando stupore per gli occhi risvegliati: un fiume di parole, zero attenzione ai sui occhi. Mai avrebbe sospettato che lì, proprio lì, nel tempio avrebbe trovato il colore nero dell’aria irrespirabile.

Fuori ritrovò il colore dell’aria libera, aperta. E la cacciata dal tempio divenne grazia. Perché grazia delle grazie è vedere il volto di Gesù.Grazia delle grazie era per il cieco vedere il  volto dello sconosciuto che gli aveva aperto gli occhi, che adesso gli chiedeva se credesse nel Figlio dell’uomo. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore!”.

Ed era come se avesse attraversato l’oceano. Da quelli che parlavano dall’alto facendolo sentire un nulla a uno che  veniva da Dio e gli parlava viso a viso: “Sono io che parlo con te”. Pensate, alla fine lo svelamento è questo. Ricordate la samaritana che a Gesù dice: “So che deve venire il Messia,: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”. Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te”. Quando da  un parlare che è aggredirsi si passa a un parlarsi viso a viso, le parole prendono colore,  negli occhi passa il brivido di una relazione.

E io me lo tengo come uno svelamento di Gesù. A fronte di definizioni più solenni, più imponenti, ma anche più lontane, chi è Gesù? “E’ uno che parla con te”. Al pozzo o sulla  strada, anche se sei cacciato, ancor più se sei cacciato: “Sono io, che parlo con te”. Luce dei tuoi occhi.

LETTURA Es 33, 7-11a

Lettura del libro dell’Esodo

In quei giorni. Mosè prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, a una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè, finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda, e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda, e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda. Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico.

Commento al filmato: nella spettacolare“Serenada XXIII”di Pavel-Josef Vejvanovsky le Trombe e l’Organo ritmati dai Timpani, cantano in una Sinfonia Possente, Maestosa l’incontro di Dio con Mosè, a Tu per Tu, con un impatto emotivo straordinario:

«Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda, e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda. Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico.»

SALMO Sal 35 (36)

Signore, nella tua luce vediamo la luce.

Signore, il tuo amore è nel cielo,

la tua fedeltà fino alle nubi,

la tua giustizia è come le più alte montagne,

il tuo giudizio come l’abisso profondo:

uomini e bestie tu salvi, Signore. R

Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!

Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali,

si saziano dell’abbondanza della tua casa:

tu li disseti al torrente delle tue delizie. R

È in te la sorgente della vita,

alla tua luce vediamo la luce.

Riversa il tuo amore su chi ti riconosce,

la tua giustizia sui retti di cuore. R

Commento al filmato: in questo delicato, dolcissimo “Adagio-poco Andante” della Sonata in Mi b Magg di Mozart, il Violino e il Clavicembalo cantano con toni adoranti, appassionati, il responsoriale «Signore, nella tua luce vediamo la luce» tratto dal Salmo 35/36 – un inno di lode e adorazione dell’Amore e della Giustizia del Signore:

«Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l’abisso profondo.»

EPISTOLA 1Ts 4, 1b-12

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi

Fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito. Riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e questo lo fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a progredire ancora di più e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, e così condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e non avere bisogno di nessuno.

Commento al filmato: le note di straordinaria emozionante bellezza della “Sinfonia”atto II dal “Saul” di Händel, cantano con maestosa solennità e passione l’accorata esortazione di san Paolo ai Tessalonicesi:

«che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito.»

VANGELO Gv 9, 1-38b

✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!

Commento al filmato: nello splendido, dolcissimo,  “Andante ma un poco adagio” del Concerto in Re Magg di Mozart, il Pianoforte e l’Orchestra, in un dialogo intenso, appassionato, raccontano l’Amore e la tenerezza di Gesù nell’atto, del tutto gratuito, di guarire il Cieco nato per manifestare la Gloria di Dio

«Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 

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