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21 Maggio 2023 7a Domenica di Pasqua Omelia di don Angelo

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21 Maggio 2023 7a Domenica di Pasqua Omelia di don Angelo

Sentivano calore, come di brace, nel cuore

21 maggio2023 Settima domenica di Pasqua

Omelia di don Angelo

Scorriamo pagine sacre. Ma sacra è la vita. E anche oggi nei brani che ci vengono proposti troviamo strade e case e nomi,  troviamo la vita: la vita è strade e casa e nomi.

Una prima strada, quella che va da Gerusalemme ad Emmaus. In loro, in quei due discepoli, quella strada, e poi la locanda, non sarebbero bastati anni e a scolorirle. I due sono discepoli in fuga, In fuga per delusione o anche per scoramento. Di uno è detto il nome, Cleopa. E che cosa costava a Luca dire il nome dell’altro? Non lo fa. Forse perché compagno di Cleopa potesse sentirsi ognuno di noi. Nei nostri tentativi di fuga, per delusione o per scoramento.

Cleopa e il compagno sentono passi nell’aria. Ma, in anticipo a sentire, era stato lui, lo sconosciuto. Lui arriva sempre in anticipo: li sentiva discutere e non venirne ad una. E lui non era di quelli che ti incrociano e vanno per i fatti loro. Era di quelli che ascoltano; non solo, ma ti guardano teneri, in viso. “Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste”. Li vide tristi e lasciò che si sfogassero. Lascia che uno si sfoghi.

Ripresero a camminare, ma questa volta, con lui a fianco, era come un accompagnarsi. Accompagnarsi, farsi compagno, è un verbo che mi suona bellissimo, è una mescola preziosa di “cum” e di “panis”, è un pane mangiato insieme, è un verbo che profuma di pane, pane condiviso.

E il primo pane condiviso, su quella strada che perdeva poco a poco la luce, fu il pane della parola del Maestro, con quella sua insistenza a ricordare, quasi avessero cancellato mezzo cielo di memoria, o, ancor più, quasi l’avessero ristretta al venerdì, quando il cielo si era fatto di pece alla crocifissione del loro Signore. Ma che cosa prima e che cosa dopo? E che cosa aveva detto il Maestro? Era come avessero svuotata la memoria. Le donne no: alla visione degli angeli angeli – è scritto – “esse si ricordarono delle sue parole”. Si ricordarono. Loro due no.

E lo sconosciuto? E’ scritto: “Cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. Anche le parole sacre andavano dilatate, come riscoperte in un significato più nascosto, disseppellite.

Alle parole dello sconosciuto i due si accorsero che i loro passi non erano più come di quelli che se li trascinano per stanchezza o delusione. Di più, sentivano calore, come di brace, nel cuore.  Fu la prima cosa che si dissero l’un l’altro nella locanda. quando lui scomparve dai loro occhi: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Parole come brace.

Accade anche a noi qui la domenica – e non solo qui, anche per strade, le strade della vita  – di trovarci con il cuore gonfio. Gonfio  per accadimenti che ci toccano, da vicino o da lontano, come se su di essi si chiudesse pesante il cielo. E poi sentire passi, i passi di Gesù, che si accompagna al nostro triste andare, spiega le Scritture, allarga le visioni. E accade anche a noi di percepire come calore di brace nel cuore. Parole brace. Ci si accompagna.

E Il verbo accompagnarsi – voi mi capite –  mi porta nella locanda. Lo invitarono. Era gratitudine per averli accompagnati, certo, ma forse anche desiderio di allungare il tempo della compagnia: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno è già al tramonto!”.

Le strade. E poi una casa, anzi una locanda, che è luogo più disturbato, dove a volte le parole sfuggono perché fanno rumore quelle degli altri; allora a contare sono gli occhi. che hanno l’arte di un guardare più profondo. Tutto qui, fu questione di occhi: “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”. Lo riconobbero allo spezzare del pane.  Se vuoi conoscere o dire qualcosa di Gesù, non fermarti prima: lo riconosci allo spezzare del pane. Ho letto molte definizioni di Gesù: alcune mi hanno lasciato con gli occhi asciutti, ma questa  – che  lui stia nello spezzare il pane, che lui sia pane spezzato nelle mie mani  – non mi lascia gli occhi asciutti.

Chissà, me lo chiedo ma vado fantasticando, chissà se poi, arrivati con il cuore in gola alla stanza al piano superiore dove erano riuniti gli undici – e loro a dire che l’avevano riconosciuto allo spezzare del pane – qualcuno degli apostoli si sarà ricordato che quando nell’ultima notte il Maestro aveva spezzato il pane per loro, aveva pure detto: “Fate questo in memoria di me”. Spezzare il pane, farsi pane, quasi segno di riconoscimento di lui e dei suoi discepoli, nelle locande del mondo, nei toni alzati delle locande, dove non tutto è misurato, perfetto, preciso; nella compagnia  di altre parole.

E ora lascio Cleopa e il suo compagno per fare ritorno a un’altra strada:  nel breve ritaglio dagli Atti degli apostoli è una strada di ritorno, i discepoli ritornano a Gerusalemme dal Monte degli Ulivi, dove hanno visto il loro Maestro elevarsi in alto, sottratto ai loro occhi da una nube.

Chissà se ci furono parole sulla strada del ritorno, due chilometri dal Monte degli ulivi, quelli consentiti in giorno di sabato. Ebbene in un passaggio del suo vangelo Luca annota che tornarono “con grande  gioia”,  penso per l’approdo nella luce del Maestro che era morto in un tramonto buio.

“Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore”. Mi ha sempre incuriosito questa stanza al piano superiore,  forse quella dell’ultima cena, la casa in cui erano soliti convenire. Casa, voi mi capite, Ancora non si parlava di luoghi sacri. Una casa: il vangelo andava per case. Ma a incantarmi in quel convenire è una mescola sacra: gli apostoli, ora undici, “insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui”.

Niente protocolli, niente burocrazie, niente separatezze. Unitio nel ricordo di uno che in quella stanza aveva spezzato il pane e aveva loro detto: “Fate questo in memoria di me”. E non era semplicemente invito a un rito!

Le Letture

LETTURA At 1, 9a. 12-14

Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Mentre gli apostoli lo guardavano, il Signore Gesù fu elevato in alto. Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui.

SALMO Sal 132 (133)

Dove la carità è vera, abita il Signore.

Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Ecco, com’è bello e com’è dolce

che i fratelli vivano insieme! R

È come olio prezioso versato sul capo,

che scende sulla barba, la barba di Aronne,

che scende sull’orlo della sua veste. R

È come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion.

Perché là il Signore manda la benedizione,

la vita per sempre. R

EPISTOLA 2Cor 4, 1-6

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio. E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio. Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.

VANGELO Lc 24, 13-35

✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quello stesso giorno due discepoli del Signore Gesù erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

L’ESEGESI:

Il brano di questa Terza domenica dopo Pasqua è caro alla pietà popolare come all’arte, tanto è stato raffigurato e reso indelebile nelle nostre menti: basti pensare a Caravaggio, che ne ha fatte due interpretazioni. E in fondo, il testo coinvolge in modo forte e intenso tutti i sensi del nostro corpo (la vista, l’udito, il gusto, il tatto, l’olfatto) quasi a ricordarci che la fede nel Risorto è un entrare più in profondità dentro alla nostra stessa umanità, secondo la logica dell’Incarnazione che ci invita ad essere fedeli alla storia: la nostra, quella quotidiana, come pure quella più “grande” dell’umanità che ci vede a volte protagonisti, a volte spettatori inermi, alimentando paure, attese, delusioni e speranze. Questo brano, allora, è un invito a cambiare prospettiva, all’interno di un percorso che potremmo articolare in questo modo: – da Gerusalemme ad Emmaus – compagni della Parola – la sosta attorno al pane – da Emmaus a Gerusalemme I protagonisti, infatti, sono due discepoli, non gli apostoli, così da sottolineare ancor più il cambiamento che deve avvenire in ognuno per approdare alla fede. Da Gerusalemme ad Emmaus Due discepoli “in quello stesso giorno” (v. 1) stanno abbandonando la città della Pasqua, Gerusalemme: mentre, infatti, tutto il capitolo 24 ha per teatro la Città Santa, i due nel loro incedere esprimono una distanza non solo fisica e geografica da quel luogo, ma pure teologica. Che cosa rappresenta allora Emmaus, questa località non facilmente individualizzabile, dato che per alcuni potrebbe coincidere con Nicopolis, per altri Abu Ghosh o Motza? Di fatto Luca non ci permette di localizzare Emmaus, poiché quello che gli interessa sottolineare è che stanno lasciando Gerusalemme. Avevano accompagnato Gesù, erano stati conquistati dalla sua predicazione, dai suoi gesti, ma ora tutto è crollato. È evidente che nel cuore dei due albergavano delle aspettative («Noi speravamo»: elpizomen v.21): forse si erano cullati nell’illusione che Gesù avrebbe portato a compimento le promesse dei padri o quantomeno cacciato i romani e ristabilito il regno d’Israele. Invece, nulla! Nel loro cuore c’è delusione e quando si è delusi il primo desidero è scappare, tornare indietro rispetto al percorso fatto ed è quanto mettono in opera. Non credo che noi avremmo fatto diversamente: quando la situazione si fa difficile, come pure le relazioni, tendiamo a fuggire, a tornare con nostalgia al nostro passato, la nostra “Emmaus”, come se niente fosse. Che cosa cercavano i due? Quale immagine di Dio? Perché è difficile misurarsi con la sofferenza? Compagni della Parola Il cammino e la strada sono i termini caratteristici di questo racconto: i protagonisti sono sempre in movimento, a parte una pausa per prendere cibo, prima di proseguire. Il cammino diventa così parabola della nostra esistenza e di quella della Chiesa. Lungo la strada i due dibattono, ognuno con le proprie ragioni (così il verbo greco antiballo), gettandosi parole l’uno contro l’altro (così il verbo omileo), senza via d’uscita, rinforzando le proprie ragioni perché ad emergere è solo la tristezza che 7 alberga nel cuore; e, quando siamo tristi, diventiamo pure incapaci di vedere perché fermi, prigionieri nostalgici di un passato che non c’è più. Gesù, allora, si fa compagno, ma non viene riconosciuto: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme!». Mentre per Dio tutti gli abitanti della terra sono nati a Gerusalemme e tutti vi hanno la loro dimora, come ricorda il Salmo 87, solo Lui vi è estraneo. Eppure, egli guida la loro ricerca: lo strano pellegrino con le sue domande spinge i discepoli al ricordo, a riandare con il pensiero a quanto hanno vissuto. Il Risorto si fa compagno di strada, anche se percepito come estraneo, avulso alla vita, forestiero. Sebbene i due discepoli conoscano le Scritture, per cambiare il loro (e il nostro) modo di parlare, ascoltare e vedere è necessario che tornino ad una Parola “altra”, non rifiutando lo scandalo della Croce, unica chiave per entravi e comprenderla. Così Gesù si fa maestro e interprete della Scrittura: «Non bisognava…?». Ritorna il verbo «è necessario» che all’inizio del Vangelo (Lc 2,49) ha segnato la vita di Gesù (cfr. Lc 9,22; 24,7.26.44). È alla luce delle Scritture che la passione e la morte perdono la loro apparente assurdità e senso di sconfitta. La croce è un passaggio obbligato della vita, perché la sofferenza prima o poi bussa alla nostra porta e non la possiamo ignorare o viverla solo come scandalo. Per questo Luca fin dall’inizio del suo Vangelo evidenzia come solo coloro che sono rimasti legati alle promesse scritte nella Legge e nei Profeti sono in grado di riconoscere il Salvatore oltre le criticità personali o della storia (cfr. Simeone e Anna in Lc 2,25-38). Sostare attorno alla mensa Il pellegrino parla e i chilometri scorrono, come pure il giorno che ormai volge alla sera. I discepoli invitano il forestiero a fermarsi con loro, forse perché hanno ancora bisogno di ascoltare quest’uomo che ha riaperto i loro cuori alla speranza. È proprio l’ascolto della Parola che li sta trasformando lentamente nell’ascolto, nello sguardo, nel porsi rispetto alla realtà, rendendoli disponibili alla condivisione, all’ospitalità, allo spezzare il pane. E Gesù entra, ma non come uno qualsiasi: è l’ospite di riguardo, colui che presiede la tavola e al quale spetta la funzione e il ruolo del capofamiglia, ovvero pregare sul pane e spezzarlo, come aveva fatto precedentemente durante la moltiplicazione dei pani (Lc 9,16) e nell’Ultima Cena (Lc 22,19). «Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero…»: Gesù viene riconosciuto (non si dice che lo videro) attraverso un gesto familiare, quello della berakah, della benedizione sul pane. Egli non si è limitato a passare un po’ di tempo con loro, ma mangia con loro, anzi dà a loro (e a noi) la sua Vita, cioè il suo corpo e il suo sangue. Come ben sottolinea Giulio Michelini, «per poter riconoscere Gesù, è necessario fare un tratto di strada con lui, farlo entrare nella propria casa, e sedersi con lui alla tavola». Attorno alla tavola e al pane si compie la trasformazione dei due: non solo la loro fuga da lì a poco diventa pellegrinaggio, ma è cambiato il loro modo di ascoltare e vedere. Sostare attorno alla tavola sarà solo momentaneo, perché l’annuncio che parte dalle periferie, tra le case, provando a cogliere la presenza di Gesù all’interno dei nostri spazi quotidiani, che sia la mensa o la strada, deve tornare nella città. 8 Da Emmaus a Gerusalemme Il buio non fa più paura e la gioia che ha riempito il cuore dei due li spinge ad affrontare la strada in piena notte che riporta nuovamente a Gerusalemme, città in cui inizia e si chiude il Vangelo di Luca. Se Emmaus diventa il luogo dove gli uomini e le donne si raccolgono in ascolto della Parola ed entrano in comunione con Gesù, è alle città che siamo inviati a portare ad ogni uomo e donna la speranza che scaturisce dalla fede in Colui che ha sconfitto la morte. La tratta Emmaus-Gerusalemme diventa itinerario da percorrere per chi vuole ritrovare un senso alla propria quotidianità segnata da contraddizioni, dubbi, sofferenze. «Possiamo chiederci cosa sarà avvenuto dopo il ritorno dei due discepoli di Emmaus a Gerusalemme, nel luogo della comunità. Forse non saranno rimasti sempre lì, forse sarà intervenuta di nuovo la delusione, forse avranno lasciato ancora una volta Gerusalemme alla volta di un luogo senza nome. E Gesù sarà tornato a riprenderli. Questa è infatti la nostra vita spirituale: abbiamo un abbonamento sulla tratta Gerusalemme-Emmaus-Gerusalemme! Questa è la nostra vita che si dispiega tra l’amore e la fuga» (G. Piccolo, Leggersi dentro. Con il Vangelo di Luca, Paoline, Milano 2018, p. 274). Camminare ascoltando: i discepoli che camminavano delusi verso Emmaus ancora oggi ci insegnano che con un tale compagno di strada la notte e le incognite del cammino non fanno più paura. Un’ultima considerazione, messa in luce da più di un biblista: anche se il testo lucano non dice nulla esplicitamente a riguardo, si sta facendo strada l’idea che i due di Emmaus non fossero esclusivamente discepoli maschi, come normalmente si intende, e come è stato poi reso dalla tradizione e dall’arte. E nemmeno vi sono indizi che questi arrivassero ad invitare Gesù a stare in una locanda. Piuttosto, si potrebbe vedere ora in quei due una coppia. La lettura della Parola di Dio, che è stata spesso condizionata dall’ambiente monastico in cui essa è stata a lungo praticata, si offre anche all’interpretazione in contesto familiare, e nulla vieta perché le coppie di sposi possano ritrovarsi pienamente nei panni di quei due – marito e moglie (solo il nome maschile viene dato da Luca) – che finalmente ritrovano in Gesù il senso della loro gioia. Forse potrebbe essere l’occasione per chiedersi come la forza della Risurrezione riesca a trasparire tra le pieghe della vita coniugale e familiare. LASCIARSI CON UNA PREGHIERA Padre nostro…. SPUNTI PER UN’ORAZIONE DA CONDIVIDERE Come di due di Emmaus, dopo l’ascolto della Parola, proviamo a cambiare il nostro ascolto.

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