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11 Febbraio 2024 Ultima Domenica dopo l’Epifania – Omelia di don Angelo

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11 Febbraio 2024 Ultima Domenica dopo l’Epifania – Omelia di don Angelo

Caduta, ripresa. Ci sei

Domenica ultima dopo l’Epifania

11 febbraio 2024

omelia di don Angelo

Le parabole di Gesù sono un incanto: era un rabbi, ma anche un poeta.

Prima di sfiorare la parabola del fariseo e del pubblicano, vorrei con fiato sospeso fare sosta sul brano del profeta Isaia: un giuramento di bene, che Dio fa al suo popolo, che in esilio potrebbe anche pensare di essere caduto in disgrazia di Dio. Dio usa per sè l’immagine dello sposo; “Tuo sposo è il tuo creatore”. L’immagine non rientrava nei catechismi: chi è Dio? Sposo! Nel creare si fa sposo, dunque di tutta la terra.

Uno sposo speciale. E vero, ”speciale” è aggettivo che usiamo  per qualche persona che ci è molto cara, ma qui, allargando all’infinito, lo usiamo per Dio. In che senso? Da un lato perché il suo amore non viene in risposta al nostro, precede e dall’altro perché risplende la sproporzione. E’ uno che ama la sproporzione, anzi  lui è  sproporzione. Quella che sorprendi, e ti incanta, in un passaggio del brano di Isaia: ”Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto ma con affetto perenne ho avuto pietà di te – dice il tuo redentore”. Breve l’istante di abbandono, immenso l’abbraccio dell’amore; breve il nascondimento del volto, perenne la tenerezza.

Non dire dunque: ”Dio mi ha abbandonato”, o sì, dillo quando il cuore è gonfio; lo ha detto pure Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Ma poi un sussulto e ti affidi, perché di Dio conosci gli occhi e quale luce li abiti.

“Sposo” vorrei insistere. Non un rapporto padrone servo, e nemmeno mercante acquirente. Non c’è di mezzo un contratto, risplende la gratuità. Non sono determinanti le prestazioni, mi ama, anche se ho poco niente da ricambiare; lui è “fuori testa” nel volermi bene, è uno che non resiste alla tenerezza, ci prova, ma non ci riesce. Così Dio. Ebbene a volte mi prende il dubbio che sia passata un’altra immagine di Dio. Più giudicante che tenero, più dominante che amante.

Vengo alla parabola. Leggendola mi ha sfiorato una domanda: chissà se a ispirare Gesù a inventare la parabola del fariseo e del pubblicano non sia sia stato anche quello che era accaduto nella casa di Simone il fariseo con l’irrompere inatteso, scandaloso e tenero, della donna del profumo.

Qualcuno potrebbe trovare strano che Gesù al fine – fine dichiarato–  di mettere sotto accusa  “alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri” – sua finito a parlare di preghiera, quasi la tua preghiera fosse una spia del tuo rapporto con il prossimo. Quasi che ci fosse legame tra casa del fariseo e il tempio.  Sì, siamo nel tempio. Geniale Gesù: gli basta un cenno alla postura dei personaggi  a svelare il più profondo che li abita: “Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini…Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”

“Stando in piedi”, “fermatosi a distanza”: due modi di essere, di vivere. Il mio modo di essere, di vivere ha la figura dello stare in piedi ostentando o quella del fermarmi a distanza consapevole della piccolezza? E che cosa insegniamo? Non ci prende sospetto che tanti mali dell’anima e del mondo vengano dalla postura dell’ostentazione e del dominio e tanto bene dell’anima e del mondo dalla postura della piccolezza e del rispetto?  Da dove vengono,lacerazioni, ingiustizie e guerre? E la mia postura?

Poi nel racconto ascolto, ascolto parole, ascolto il tono della voce nella preghiera del fariseo e  del pubblicano, il tono fa la differenza: una declamazioni imponente dall’alto e una briciola di soffio dal basso. La lunga preghiera del fariseo che non sale, rimane incollata a chi la pronuncia: “pregava tra sé” annota acutamente Gesù. Penso a certe nostre preghiere che, dette come sono, farebbero dire a qualcuno: “Ma tu con una persona usi quel tono?”.  Un’invasione. A fronte, la piccola preghiera del pubblicano, una preghiera bellissima nella sua piccolezza, che in greco suona “Kyrie eleision”, “Signore, abbi pietà”. Purtroppo corre il pericolo di diventare una cantilena senza pensiero,  senza che nulla l’accenda dentro.

Penso alla mia voce, al tono della mia voce con Dio, e,  a specchio, alla mia voce, al tono della mia voce con gli altri. Il mio tono fuori misura, “stando in piedi” è come di chi la scena se la vuole prendere tutta lui, parla solo lui, nessun ascolto. Non c’è ascolto se non dalla terra della piccolezza, da coloro che riconoscono la propria piccolezza e accolgono quella dell’altro.

Stare in piedi o fermarsi a distanza. A volte sembra di vivere in una società dove nell’aria si respira la prepotenza dello spirito, dei pensieri, dei  gesti e non l’umile affaccio del pubblicano che cambia l’aria nel tempio. Nel tempio e fuori. Esce fatto giusto, porta la giustizia di Dio che è la tenerezza: non lo ha fatto sentire lontano, abbandonato, ma sposato: ”Caduta, ripresa./ Ci sei”.

Sono gli ultimi due versi di una poesia di una poetessa, mia amica Chandra Livia Candiani che ora vorrei leggervi:

Il punto in cui si smette di cercare

e ci si dispone a essere trovati,

qualcosa ama il numero dei miei capelli

non sa nome né storia

ma ha memoria di ogni singolo respiro

ama i battiti nella notte

i denti e i pugni stretti

ama lo spalancarsi delle braccia

nell’affidamento, il precario equilibrio

sull’orlo dei precipizi, e i passi oscillanti

sul lago appena ghiacciato.

Ti salvo. Salvo di te il soccorso

e la spinta, l’immisurabile

e il limite. Mi lascio accogliere

con la vigile mutezza

dei piccoli e dei selvatici.

Caduta, ripresa.

Ci sei.

 

LETTURA Is 54, 5-10

Lettura del profeta Isaia

In quei giorni. Isaia disse: «Tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra. Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? – dice il tuo Dio –. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non più minacciarti. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia».

Commento al filmato:nello splendido “Presto” del Concerto in Sol min “La Notte” di Vivaldi, l’Oboe dialoga con l’Orchestra con note spumeggianti cantando gioioso: «Tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome»– nel “Largo”del Concerto in Re min di Vivaldi, l’Orchestra canta con armonie struggenti:

«Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù?»

le note impetuose, travolgenti dell’Orchestra nell’Allegro del Concerto in Do min di Vivaldi, cantano esultanti:

Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia».

SALMO Sal 129 (130)

L’anima mia spera nella tua parola.

Dal profondo a te grido, o Signore;

Signore, ascolta la mia voce.

Siano i tuoi orecchi attenti

alla voce della mia supplica. R

Se consideri le colpe, Signore,

Signore, chi ti può resistere?

Ma con te è il perdono:

così avremo il tuo timore. R

Io spero, Signore.

Spera l’anima mia, attendo la sua parola.

Israele attenda il Signore,

perché con il Signore è la misericordia

e grande è con lui la redenzione. R

Commento al filmato: le note dolcissime, struggenti, confidenti dell’Orchestra nello splendido “Andante Molto” del Concerto in Sol min di Vivaldi, sembrano erompere dal profondodel cuore del Salmista in questa sua adorante preghiera:

«Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica.»

EPISTOLA Rm 14, 9-13

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto: «Io vivo, dice il Signore: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio». Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio. D’ora in poi non giudichiamoci più gli uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello.

Commento al filmato: Gioia, Esultanza, Tenerezza, Amore, sono i sentimenti che ci trasmettono le armonie dello splendido “Allegro”del Concerto in Do di Vivaldi che canta:

«Io vivo, dice il Signore: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio.»

VANGELO Lc 18, 9-14

✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Commento al filmato: nello spettacolare “Allegro Poco” del Concerto in Mi min di Vivaldi, il Fagotto, in dialogo con l’Orchestra, racconta con le sue note profonde, a tratti, struggenti, la parabola in cui emerge la grandezza dell’atteggiamento umile del Pubblicano:

«“O Dio, abbi pietà di me peccatore”.Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

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