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2022 – 04 – 10 Domenica delle Palme Omelia di don Angelo

ArteMusicaPoesia

2022 – 04 – 10 Domenica delle Palme Omelia di don Angelo

Raccontami del profumo

Domenica delle Palme

10 aprile 2022

Omelia di don Angelo

La domenica delle palme  ha sapore di vigilia: giorni in cui, come allude  la parola, essere vigili, in avvistamento della Pasqua. Occhi come di sentinelle, in avvistamento del nuovo. Il nostro cuore oggi andava dall’accorato carme del servo sofferente, prima lettura, al racconto della cena a Betania, un villaggio e una casa che abbiamo imparato a conoscere e ad amare.

Un poema accorato, il carme del servo sofferente, parole come velate di mistero. A chi attribuirle, a un singolo innocente o a un popolo? E in quale stagione della storia? Sto dicendo una stranezza, sto per dirvi che a me non spiace che rimanga questo mistero. Perché? Perché vorrei pensare che qui sono custodite pagine e pagine di storia, alcune scritte, altre si stanno scrivendo oggi, altre lo saranno nel futuro. Come fossimo chiamati a custodire. A custodire a memoria la sofferenza dell’innocente, degli innocenti, ma anche una promessa di liberazione: un non meglio identificato servo sofferente, o forse identificabile, solo che pensassimo a storie di donne e di uomini, di vecchi e di bambini, offesi nella loro dignità, maltrattati, trattai come carne da macello, oppressi, tolti di mezzo. E noi, dice il profeta, ne portiamo una responsabilità: perché non siamo stati vigili, perché intorpiditi dai nostri interessi, dai nostri egoismi, dalla nostra indifferenza. E non azzardiamoci a dire che Dio vuole la sofferenza o che la sofferenza faccia parte di un disegno di Dio. Dio, nonostante il silenzio che a volte ci inquieta, sta dalla parte dell’offeso. E suo disegno, sua volontà – per questo dobbiamo operare –  è innalzare chi è stato schiacciato a terra, far rifiorire la terra schiacciata. Oggi con il salmo abbiamo pregato:

“Io sono sazio di sventure,

la mia vita è sull’orlo degli inferi.

Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa,

sono come un uomo ormai senza forze.

Sono libero, ma tra i morti.

Così dal salmo. Ma, a proposito di salmi, e di parole come queste, vi devo una confessione: io a volte inciampo nei salmi. Mi fermo e cerco oltre: per esempio,  quando i salmi chiedono o attribuiscono a Dio violenze e sterminio. Mi fermo. A volte mi chiedo anche come possa io, così spesso, invocare liberazione e difesa, io che non ho attraversato esperienze agghiaccianti, sofferenze immani, assalti e disprezzo di nemici. Ebbene vi dirò che in questi giorni, mi sono ritrovato sulle labbra parole di salmi, con cui mi sembrava di dare voce ai servi sofferenti di oggi, alla dismisura del loro soffrire, al buio del loro morire:

“sono libero, ma tra i morti”.

E che cosa tocca a noi? Dove mi porta la Pasqua? Ecco, seguendo il racconto di Giovanni, entro ancora una volta, con voi, nella casa di Betania. Il racconto vive di una sorpresa. Che, a mio avviso, va custodita, come la cosa più preziosa. E dove sta la   sorpresa?

Che le sorelle avessero pensato a un pranzo o una cena per festeggiare Lazzaro, il fratello che da morto, per grido di un amico, era uscito dalla tomba, sembra cosa normale, quasi ovvia, rituale:

“E qui” – è scritto – “fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali”.

Due righe per una cena; e chissà quanti giorni per prepararla. Ci sono pure gli apostoli. E poi, di certo, il cibo, il vino, l’allegria dei convitati. Ebbene non una parola di tutto questo. Una cena dimenticata. E il grandangolo della telecamera va a concentrarsi su un particolare che prende campo, prende il posto del tutto. Eccolo: “Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo”. Nasce la storia del profumo. La bellezza dell’unguento, la luminosità del profumo. Voi mi capite, è come se fossimo richiamati da Gesù alla bellezza di un gesto criticato, a contemplarlo per immergervi gli occhi, a innamorarcene, e a custodire la sapienza del vivere che vi è custodita.

L’unica a capire lei, la sua amica. Altri addirittura a sporcare il cielo, il gesto: sono lontani anni luce dall’intuire che gli innamorati non stanno nelle misure, stanno nello smisurato, anche nello smisurato di un profumo. E che brutto che a sporcare il gesto della donna siano anche i discepoli, vestendo il loro dissenso con pseudo argomentazioni di attenzione ai poveri!

Il gesto di Maria – voi lo avete colto – va a consacrare Gesù. Come se dicesse anche a noi: “Guardatelo, è l’Unto, è il Messia. Che non si ritrae. Nemmeno davanti alla morte. Lui, che  la morte già la vive come presentimento nel cuore”. Non dirà forse che quel profumo è in vista della sua sepoltura? Il profumo dilagherà oltre, oltre le pareti di una casa amata. Oltre sino a profumare la sua sepoltura. Il profumo che vince il cattivo odore della morte. E che cosa ci diremo a Pasqua se non questo? Che il profumo dell’amore vince il cattivo odore della morte.

E Gesù sembra dire agli apostoli: ”Basta chiacchiere”. Sembra dirlo ai soliti soloni dello spirito che si piccano di insegnare. Sembra dire a noi: “Date profumo. E accarezzate. Come questa donna”.

Pensate, fu riconosciuto Messia, da una donna, in un luogo non deputato, in un gesto trasgressivo delle logiche misurate e asfittiche. Fu riconosciuto Messia, nell’immagine di uno che si dona, di uno che è venuto non per essere servito, ma per servire.

L’olio profumato racconta questo. Ma racconta anche un bisogno, un bisogno di Gesù. La donna, l’amica, aveva intuito che lui ne aveva bisogno. Per andare a morire. Bisogno di una promessa del Padre, ma bisogno anche di olio profumato, di capelli e di mani.

Vedete, noi leggiamo e chiudiamo. Come se tutto fosse concluso. E invece no, perché quel bisogno Gesù se  lo portò dentro sino alla fine. Come se non gli fosse bastato una volta sola, bisogno della casa del profumo, della tenerezza.

E’ commovente leggere nei vangeli come Gesù abbia desiderato passare le sere e le notti antecedenti la sua passione a Betania. Quasi avesse bisogno di respirare ancora il profumo di quell’olio prezioso.

Penso che anche noi ne abbiamo bisogno, c’è un’aria ammorbata. E non solo lontano, anche tra noi. Ne abbiamo bisogno.

Sento gratitudine in cuore. Per Maria di Betania.

LE LETTURE

LETTURA Is 52, 13 – 53, 12

Lettura del profeta Isaia

Così dice il Signore Dio: «Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli».

Commento al filmato: le note dolenti, struggenti, del Pianoforte nella delicata “Variazione 25” da “Variazioni Goldberg” di Bach, cantano con toni appassionati la profezia di Isaia che prefigura la Passione di Cristo:

«Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.»

SALMO Sal 87 (88)

Signore, in te mi rifugio.

Signore, Dio della mia salvezza,

davanti a te grido giorno e notte.

Giunga fino a te la mia preghiera,

tendi l’orecchio alla mia supplica. R

Io sono sazio di sventure,

la mia vita è sull’orlo degli inferi.

Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa,

sono come un uomo ormai senza forze.

Sono libero, ma tra i morti. R

Hai allontanato da me i miei compagni,

mi hai reso per loro un orrore.

Sono prigioniero senza scampo,

si consumano i miei occhi nel patire.

Tutto il giorno ti chiamo, Signore,

verso di te protendo le mie mani. R

Commento al filmato: in questo delicato “Adagio”di Michèl Corrette, l’Organo e l’Orchestra intessono uno struggente dialogo per cantare il Responsoriale Signore, in te mi rifugio tratto dal salmo 88/87:

«Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte.»

sono coinvolgenti le immagini di De Zurbaran “San Girolamo flagellato dagli Angeli”, di Camillo “martirio di san Bartolomeo”e di Sebastiano Ricci “la pazienza di Giobbe”.

EPISTOLA Eb 12, 1b-3

Lettera agli Ebrei

Fratelli, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.

Commento al filmato: nello splendido “Adagio” dal Concerto in Do min di Vivaldi, il canto spiegato, struggente, dell’Oboe, accompagnato dalle note profonde, ritmate di Violoncello e Contrabbasso, racconta le accorate raccomandazioni di san Paolo agli Ebrei:

«Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.»

VANGELO Gv 11, 55 – 12, 11

✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo. Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù

Commento al filmato: nello stupendo“Andante Espressivo” in La min da “Songs Without Words” di Mendelssohn, il Pianoforte canta con note accorate il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, verso la Sua Passione:   «Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». Nello splendido, dolcissimo “Largo” del Concerto in La min di Vivaldi, il canto struggente dell’Oboe, ci fa vivere con grande emozione la scena della Cena di Betania:

«Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

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